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Il blog di Oreste Patrone


L’Armata delle Tenebre

L’ho detto tante volte: MinimiTermini non è un blog di cinema. Tuttavia, può capitare che usi questo spazio per parlare di film che mi sono piaciuti, indipendentemente dal gradimento ottenuto da parte della critica, e anzi spesso nonostante quest’ultimo. L’armata delle tenebre [1992], di Sam Raimi, è uno di quei film.

L’armata delle tenebre è eccessivo, in certi momenti apparentemente sconclusionato, ma così creativo e libero da risultare indimenticabile. Dopo le atmosfere claustrofobiche e sanguinolente dei primi due capitoli della saga La Casa [Evil Dead], Raimi spiazza completamente il pubblico e trasporta il protagonista Ash Williams — ancora una volta interpretato da Bruce Campbell — in un Medioevo fantastico popolato da cavalieri, stregoni e armate di non-morti. Il tutto raccontato con toni da farsa, citazioni, effetti speciali volutamente artigianali e un umorismo a tratti talmente sopra le righe da ammiccare alla parodia. 

Ash si trova trasformato, suo malgrado, in una figura mitica con una motosega, eredità del film precedente, al posto del braccio destro e una doppietta a canne mozze nell’altra mano. La sua missione è recuperare il Necronomicon per poter tornare nel suo tempo e salvare il regno dalla minaccia dei morti viventi. Ma il viaggio è costellato di errori, sdoppiamenti, battaglie campali  e battute diventate culto: “This is my boomstick!”

Ash non è un eroe classico, ne è più che altro la parodia. È arrogante, maldestro e narcisista, ma proprio per questo funziona, perché è il simbolo dell’eroe travolto dagli eventi, incapace di controllare il proprio destino, ma che in qualche modo riesce comunque a venirne a capo. Ash è un uomo del ventesimo secolo che finisce in un tempo che non gli appartiene, ma invece di farsi schiacciare, lo piega alle sue regole e questo scontro tra mondi è anche una metafora ironica di una certa cultura pop che si impone ovunque, anche a costo di sembrare ridicola.

Con questo film, Raimi dimostra di saper fondere linguaggi diversi in un’opera che non si prende mai sul serio, ma che funziona proprio per questo. Peter Travers su Rolling Stone, ha scritto che L’armata delle tenebre è “una lettera d’amore ai B-movie che trasforma l’assurdo in arte“. Janet Maslin, del New York Times, ha sottolineato come “la performance di Campbell, così sopra le righe da risultare perfetta, contribuisca a rendere il film una piccola gemma del cinema di culto”.

Non tutti, però, hanno apprezzato la svolta farsesca impressa alla saga. Roger Ebert, sebbene divertito, lamentava l’abbandono delle atmosfere inquietanti dei primi capitoli, definendo il film più una buffonata che horror.

Alcuni fan della saga originale hanno parlato addirittura di tradimento dello spirito iniziale, rimpiangendone l’angoscia viscerale e l’orrore puro. Tuttavia, anche tra i detrattori, pochi hanno negato l’inventiva di Raimi e la sua capacità di sorprendere con trovate originali, certamente farsesche ma visivamente efficaci.

Col tempo, L’armata delle tenebre è stato rivalutato come uno dei film più influenti nel panorama dell’horror comico. Non solo ha consacrato Ash come un’icona, ma ha anche aperto la strada a opere ibride come L’alba dei morti dementi [Shaun of the Dead, 2004] di Edgar Wright che forse non avrebbe forse osato tanto senza la spinta innovativa di Raimi. Il quale — vale la pena ricordarlo — aveva inizialmente previsto un finale più cupo di quello apparso nella versione uscita nelle sale, in cui Ash si risveglia in un futuro post-apocalittico dopo aver sbagliato il dosaggio della pozione. Un epilogo inquietante, poi scartato per esigenze commerciali, ma oggi visibile in molte edizioni home video. È un dettaglio interessante, perché rivela quanto anche un film apparentemente assurdo e sopra le righe contenesse in sé la possibilità di tonalità più drammatiche. Ma, soprattutto, conferma ancora una volta la profondità della visione di Raimi.

A oltre trent’anni dall’uscita, L’armata delle tenebre resta un’opera unica, un film che riesce a intrattenere, spiazzare e divertire. Se amate il cinema che sa ridere di sé, che non teme l’eccesso e che trasforma l’eroismo in una smorfia, non potete perderlo. 

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