
Da che ho memoria, i racconti delle persone che avevano conosciuto mio padre quando prestava servizio nell’Arma dei Carabinieri parlavano del Maresciallo Patrone con una deferenza che a volte mi metteva in imbarazzo. L’ultimo, in ordine di tempo, fu di un carabiniere che conobbi durante un’attività di controllo.
Mio padre era in pensione da anni ma lui si ricordava di averlo incontrato nei suoi primi anni al 13mo; mi disse addirittura che quando mio padre camminava “faceva tremare la terra”. E io mi sono sempre chiesto perché, di tutte le cose che avevo sentito di lui, questa fosse l’unica capace di commuovermi. Credevo che fosse per l’orgoglio di sapere che mio padre era una persona importante. Non era così ma lo capii solo dopo la sua morte.
Con mio padre al mio fianco, io mi ero sempre sentito al sicuro. Perché se era in grado di far tremare la terra, sarebbe stato capace di fermarla se avesse tremato sotto i miei piedi.
In quei giorni di dicembre dell’anno scorso la terra tremò. Tremò forte e lui non c’era.
Mio padre non era un uomo che parlava molto ma aveva tre parole con le quali risolveva tutto: Nun te preoccupa’ – Non ti preoccupare. Mi ero aggrappato a quelle parole tante volte, nei miei momenti di crisi. E sapendo che lui non si sarebbe mai dato pace per il fatto di non esserci stato nel momento in cui più avrei avuto bisogno di sentirgliele dire, pensai dovessi sollevarlo di quel peso e gliele dissi io il giorno del funerale:
Nun te preoccupa’, papà.
Ca sta tutt’cos appost.
In memoria di Antonio Patrone, M.llo 10/03/1948 – 29/12/2020

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