Incuriosito e un po’ preoccupato dai recenti dati sui contagi diffusi dai media, ho deciso di cercare informazioni più approfondite e mi sono imbattuto in alcuni rapporti dell’Istituto Superiore della Sanità che ho trovato molto interessanti. Questo articolo non parla della pandemia, mettiamo subito le cose in chiaro. Non ne ho mai parlato e non intendo iniziare ora; ho iniziato da quei dati perché sono stati lo spunto per una riflessione più generale sulla rappresentazione della realtà. È questa riflessione che oggi volevo condividere con chi mi segue.
Capire quei dati ha richiesto un po’ di tempo e in un paio di occasioni ho dovuto chiedere l’aiuto di Google, perché le mie conoscenze erano insufficienti. Ho ricevuto l’ennesima conferma che se si vuole capire qualcosa di un argomento, bisogna essere disposti a investirvi tempo ed energie. E purtroppo, talvolta, comunque non basta, perché determinati argomenti appartengono ad ambiti talmente specialistici che occorrerebbero anni, percorsi di apprendimento strutturato e tanta esperienza. Talvolta, purtroppo, bisogna rassegnarsi al fatto che rispetto a certi argomenti siamo ignoranti e nonostante i nostri sforzi potremmo averne sempre solo una conoscenza molto superficiale. Che si parli di motori, di biciclette, di preparazione atletica o di filosofia indiana la sostanza non cambia: bisogna studiare. Altrimenti non ha senso parlare, si fa più bella figura e si ottiene di più ascoltando chi ne sa.
Ma allora perché sei andato a cercare informazioni, direte voi.
Perché pur non avendo l’ambizione di spiegare il complesso fenomeno dei contagi cercavo di crearmi una chiave di lettura, una griglia anche molto schematica per catalogare le molte – talvolta troppe – informazioni che si sentono in giro. Cercavo, insomma, di capirci qualcosa. Senza idee preconcette, desideroso solo di sentirmi un po’ meno ignorante rispetto a quell’argomento. Dico un po’ meno non a caso, perché di sicuro una mattinata di ricerche non ha fatto di me un esperto; non avrebbe reso esperto nessuno, di nessun argomento complesso.
Sui social – i quali, piaccia o meno, mostrano uno spaccato eloquente della società in cui viviamo – si parla spesso di salute, di cambiamento climatico, di giustizia, di religione e chi più ne ha più ne metta con una leggerezza che mi sconvolge. Lo vedo ogni giorno e ogni giorno mi chiedo come si possa indulgere in quel modo alla propria ignoranza senza provare non dico vergogna ma almeno il desiderio di rimediarvi, anche solo in parte. Magari ascoltando chi ne sa.
Bisogna che ci rassegniamo al fatto che non sempre la verità è ovvia e alla portata di tutti. Se leggiamo un articolo sulle cromodinamica quantistica e non ci capiamo nulla non è a causa di una cospirazione della lobby dei fisici teorici, siamo semplicemente noi ad essere ignoranti. Potremmo esserlo un po’ meno cercando informazioni su Google ma il poco in questione rientrerebbe comunque nell’ordine di grandezza degli infinitesimi.
Quello a cui ho la sensazione di assistere da tempo è un fuga generale dalla fatica, un’orrore collettivo per lo sforzo che personalmente mi atterrisce. Non è una società migliore una società che non ascolta, che aspira a un ambiente salubre ma non vuole fare la fatica di capirci qualcosa dei fenomeni alterativi delle matrici, che pretende giustizia ma condanna chiunque senza processo, che vuole uscire dall’incubo della pandemia ma volta le spalle ai grafici dell’ISS. Internet lo ha capito e infatti siamo bombardati dalla pubblicità di siti che promettono di insegnare le lingue in cinque minuti di studio al giorno, di dimagrire senza fare al dieta, di arricchirci senza lavorare. Mettiamoci l’anima in pace: nulla res magna sine labore venit, non si consegue nulla di grande senza sforzo.
Lo dicevano i latini. E secondo me avevano ragione.


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