Qualcosa è cambiato, nell’algoritmo di Facebook. Se fino a qualche tempo fa visualizzavo prevalentemente gli aggiornamenti dei miei amici, di recente il feed si è riempito di contenuti suggeriti. L’alogoritmo mi risparmia la fatica di cercare pagine che potrebbero piacermi e me le suggerisce direttamente. La profilazione dei miei interessi è così accurata che i contenuti spaziano dalle criptovalute alla ricetta del brasato, dalla politica alla storia del merletto, ma la cosa che mi ha colpito di più è il fatto che sono sempre di più i contenuti provenienti da singoli autori – creator digitali, come si autodefiniscono.
Incuriosito da questo fenomeno, ho iniziato ad approfondire e leggere le pagine in questione, notando che molti di questi autori [quasi tutti] utilizzano materiale proveniente da altre fonti, citate tra parentesi alla fine dei post. Questa cosa non mi piace. Se voglio condividere coi miei amici l’articolo del Guardian sul concession speech di Kamala Harris, lo condivido con l’apposita opzione, non faccio copia e incolla del testo aggiungendo alla fine “fonte: Guardian”. Credo che sia corretto, nei confronti dei miei amici, che si sappia subito che l’autore del testo che stanno leggendo non sono io; che non si tratta di una riflessione mia, ma di Melissa Hellmann. È una questione che riguarda più che la tutela – questione giuridica che lascio agli esperti – il rispetto del diritto d’autore; una questione, prima ancora che etica, di educazione.
C’è, poi, un altro aspetto che non mi piace.
Chi segue MinimiTermini sa che i miei interessi sono multipli e variabili, ma sa anche che in ogni articolo cerco di andare oltre ai fatti, di trarne una chiave di lettura personale, qualcosa che mi faccia sentire arricchito al di là del piacere derivante dalla mera ricerca. A volte ci riesco a volte meno, ma il punto è che non mi limito a mettere insieme le informazioni ma cerco di farci sopra una riflessione. Queste pagine, invece, si costruiscono un seguito sul copia e incolla, senza aggiungere nulla di personale ai testi copiati, nessuna riflessione originale, niente di niente. Sembrano le ricerche che facevo alla scuola media, quando copiavo pagine e pagine di enciclopedia pensando di impressionare l’insegnante. Si fanno chiamare creator ma sono, piuttosto, copier digitali.
Mi sono chiesto che scopo avesse stare lì a proporre con tanta costanza, ogni giorno, contenuti altrui. La risposta sarà ovvia per qualcuno ma io ci sono arrivato solo dopo una ricerca: lo scopo è quello di fare soldi. Ho scoperto che ci sono siti nei quali è possibile imparare come diventare autori digitali di successo, costruirsi un seguito e guadagnare. Alcuni suggerimenti sono gratuiti mentre per altri, per accedere alla dottrina iniziatica che ti farà arrivare ai big money, bisogna ovviamente pagare. Leggendo quelli gratuiti ho scoperto che uno dei più ricorrenti è quello di attirare il pubblico con una produzione costante di contenuti accattivanti. Quello che i siti non dicono, ma presumo che fosse sottinteso, è che i contenuti dovrebbero essere originali. Nessuno ha mai suggerito agli aspiranti creator quel copia e incolla brutale ma del resto, mancando loro ogni capacità di produzione originale, in qualche modo si dovevano arrangiare. La rete abbonda di contenuti gratuiti accessibili a chiunque, dunque perché sforzarsi. Sarei curioso di sapere quanti, alla fine, ce l’hanno fatta ad arricchirsi con questo sistema.
Potrei aprire anch’io un sito per dare consigli agli aspiranti uomini di successo. Ci metterei una versione digitale della Pergamena del Drago, per ricordare a queste persone che non esiste l’ingrediente segreto, che alla base delle cosiddette imprese di successo, qualunque fosse il settore di attività, non c’è mai stato altro che una montagna di lavoro ben fatto.
In conclusione, al di là delle implicazioni etiche sulla promessa di facili guadagni, al di là del rispetto del diritto d’autore, questo modo di stare in rete trovo che sia l’ennesima conferma che viviamo in tempi segnati, tra le altre cose, da un orrore collettivo per la fatica che m’inquieta, oltre a rattristarmi.
MinimiTermini


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