MinimiTermini

Il blog di Oreste Patrone


Il tempo giusto

con la dott.ssa Monica Manari

Nell’ultimo dialogo di Me&Kyra, su suggerimento della nostra ospite di oggi, ho affrontato il tema del confronto tra collare e pettorina. Ho parlato, in particolare, del cosiddetto collare a strozzo, giocando sul fatto che si tratta di un oggetto il cui uso, sebbene esecrabile, è da sempre parte rilevante dell’iconografia Rott. Avremmo potuto chiuderla lì, se non fosse che durante le ricerche di immagini per corredare il post mi sono imbattuto in un famoso sito di traduzioni online [spesso, per ottimizzare le ricerche, cerco le espressioni corrispondenti in inglese di quello che mi serve] nel quale erano riportate delle frasi di esempio che mi hanno fatto riflettere. Eccone alcune:

“Uso il collare a strozzo [choke collar] per migliorare la disciplina del mio cane.”

“Preferisco usare un collare a strozzo quando il mio cane si distrae facilmente.”

“Molti addestratori preferiscono il collare a strozzo per gestire cani eccessivamente eccitati.”

La ricorrenza di frasi di questo tipo nella selezione della IA, la quale non costruisce le frasi da tradurre ma le reperisce in rete, è sintomatica della diffusione dell’idea per cui il collare a strozzo è uno strumento utile, se non addirittura necessario, nella gestione del cane. Poiché la materia è altamente specialistica, come per altri ambiti ho pensato fosse opportuno far parlare un esperto.

Diamo, quindi, il benvenuto su Minimi Termini alla dottoressa Monica Manari, veterinaria esperta in comportamento animale. Sebbene questa sia la prima volta che interviene personalmente nel blog, Monica era già apparsa numerose volte negli articoli dedicati a Kyra e al suo percorso terapeutico, come una sorta di alterego supereroistico senza nome e senza volto. Oggi, finalmente, abbiamo l’onore di ospitarne volto, voce e opinione professionale. Allora, dottoressa, qual è la verità sul collare a strozzo: retaggio di un passato da archiviare o strumento da rivalutare?

Buongiorno Oreste
e buongiorno a tutti i lettori di MinimiTermini.
Il collare a strozzo  è stato introdotto da L. S. Elsinger come strumento “migliorato” per l’addestramento del cane nel 1950, sebbene il suo utilizzo sia da ricercarsi  già nell’antica Grecia. Come dice la parola stessa ha un’azione compressiva sul collo inducendo una sensazione di strangolamento, con coinvolgimento di  strutture  muscolari, sanguigne e ghiandolari situate ventralmente alle vertebre cervicali.

Il signor Elsinger lo definì uno strumento “migliorato” dell’addestramento, il cui scopo era quello di inibire comportamenti indesiderati durante la conduzione al guinzaglio del proprio cane, che con gli strumenti a disposizione non si riuscivano a contenere. Quindi, attraverso una sensazione dolorosa di intensità variabile, si limitava il comportamento e si riportava il cane vicino a sé. Il suo utilizzo si basa sul concetto di punizione in un apprendimento di tipo condizionato, in cui lo stimolo meccanico si contrappone alla forza fisica del cane che tira.

La prima riflessione è sul fatto che ci trovavamo nel 1950, un’epoca nella quale l’apprendimento era definito da teorie meccaniciste che consideravano il comportamento  l’espressione  di atti motori frutto di una semplice risposta fisica ad uno stimolo. Era l’era in cui non si parlava ancora del ruolo della mente nell’espressione del comportamento. Progressivamente, si sono inseriti concetti di etologia classica e di scienze cognitive.

Gli studi scientifici hanno fatto innumerevoli progressi, da allora, e grazie all’utilizzo di tecniche diagnostiche sofisticate come la Risonanza Magnetica funzionale siamo stati in grado di capire che nel comportamento entra in gioco il processo cognitivo dell’animale oltre alle sue emozioni. Ma per dimostrare tutto ciò siamo dovuti arrivare al 2012 (Berns et al.) Da lì è stato un continuo crescendo.

Oggi sappiamo con certezza non solo quali aree si attivano durante le sessioni di apprendimento, ma anche l’importanza delle emozioni sui circuiti dell’attenzione e memorizzazione. Un comportamento, quindi, è considerato oggi l’espressione di un mondo interno all’animale, fatto di elaborazioni cognitive ed emozioni. Quindi l’emozione che entra in gioco con l’utilizzo di tale strumento è la paura, che poi diviene rabbia che muta in tristezza, rancore e genera sentimenti di sfiducia versa la figura di chi l’ha provocata.

Oggi è il tempo giusto per non ignorare tutto questo.
Senza entrare in merito al motivo per cui un cane tira, poiché diverse potranno essere le motivazioni alla base, dovremmo capire come mai in quel momento non riusciamo a farci  ascoltare se non con una forza fisica che induce dolore. Cosa c’è dietro a ciò che noi non vediamo?

dott.ssa Monica Manari

Medico veterinario esperto in comportamento animale ed in interventi assistiti con gli animali(IAA). Conseguo la specialità a seguito di un master post laurea presso l’Università di Pisa in Etologia e benessere animale nel 2012, dopo un attività in clinica ambulatoriale dal 1997. Mi occupo esclusivamente del benessere psico fisico dei miei pazienti in un ottica di medicina integrata, sostenendo da sempre una visione multidisciplinare nell’approccio alla clinica. Collaboro in strutture del territorio come referente di specialità. Sono iscritta nella lista nazionali F.N.O.V.I. dei medici specialisti in comportamento e sono socio della Società specialistica italiana in scienze comportamentali.



2 risposte a “Il tempo giusto”

  1. […] premetto che fin da quando ho iniziato questa professione, ho deciso di lavorare in equipe con la dottoressa Manari, in quanto ritengo che in questo modo si riesca ad ottenere un approccio al cane a trecentosessanta […]

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  2. […] la dottoressa Monica Manari, veterinaria esperta in comportamento animale, anche lei volto noto di MinimiTermini, per aiutarci a chiarire questo aspetto.Buongiorno Monica, […]

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