Di recente, io e Kyra siamo stati sul monte Sabotino.
Mentre affrontavamo la salita, pensavo a quello che avrei fatto una volta arrivati in cima, pregustando quella ritualità della meta fatta di gesti come la firma sul libro di vetta, la foto ricordo dalla chiesetta di San Valentino e, soprattutto, la birra al rifugio. Tuttavia, procedevamo a rilento perché Kyra, che di solito detta un’andatura da fiatone grazie alle quattro zampe motrici, non sembrava molto ispirata: si fermava di continuo ad annusare, cercava deviazioni dal sentiero per infilarsi nel bosco; a un certo punto si è persino sdraiata a terra e mordicchiare un pezzo di legno come a dire: se vuoi proseguire fa pure, ma io per oggi sono a posto.
Ammetto che, sulle prime, ho provato un po’ di frustrazione. Vedevo la scritta Lasko, che fino a un attimo prima aveva aleggiato come un miraggio alla fine del crinale, farsi sempre più tenue e sbiadita. I miei inviti a proseguire s’infrangevano contro l’espressione beata di Kyra, una beatitudine velata da quell’accenno di sfida che affiora nel suo sguardo quando vuole mettermi alla prova, per vedere se sono capace di qualcosa di più di quella vocina da Mery Poppins, per schiodarla. Proprio mentre lottavo contro l’impulso di raccogliere il guanto di sfida, si è affacciata alla mia mente una riflessione.
Ho capito, in quel momento, che io e Kyra stavamo vivendo la stessa esperienza ma da prospettive diverse. Che ovvietà, direte voi, lei è un cane e tu un essere umano, è chiaro che abbiate punti di vista diversi. Mi sono tuttavia reso conto che è meno ovvio di quanto sembri, soprattutto per certi proprietari coi quali mi è capitato di parlare di recente. Ho sentito spesso dire che al cane non importa cosa fai, basta che tu la faccia insieme a lui. Ebbene quest’idea che al cane, per essere felice, sia sufficiente stare con noi non mi hai mai convinto del tutto, neanche quando il cane non ce l’avevo. Non sarà un tantino sbilanciata a nostro favore, mi chiedevo? Cioè noi siamo condizione necessaria e sufficiente ai fini del benessere del cane, la cui aspirazione massima è quella di sostare in nostra adorazione tutto il giorno. Ma ne siamo veramente sicuri?
Quel pomeriggio, mentre mordicchiava il suo pezzo di legno con l’espressione beata [e un po’ carogna], non credo che Kyra stesse proiettando nel futuro delle aspettative su quella passeggiata, non credo che pensasse alla foto e tantomeno che non vedesse l’ora di arrivare in rifugio per bere la birra, ma soprattutto non credo che stesse ostacolando di proposito i miei piani. Semplicemente, stava prendendo da quella situazione ciò che le importava in quel momento. Peccato che non fosse quello che importava a me, ma su questo tornerò tra poco.
Mentre lei si godeva il suo riposo, mi sono seduto e ho iniziato a riflettere sul concetto di condivisione. Letteralmente, condividere significa dividere con, cioè prendere qualcosa e farne tante parti quante sono le persone coinvolte affinché ognuna abbia la sua. Con questo, non voglio dire che Kyra avrebbe dovuto darmi metà del suo legnetto, ma che quest’ultimo rientrava nella sua parte di un’esperienza che avevamo diviso in due, affinché entrambi potessimo goderne nel rispetto delle nostre specificità: lei il suo legnetto, io la vista di Gorizia dall’alto. Del resto, pensavo, accade la stessa cosa quando attraversiamo il bosco, che per lei è un parco giochi di odori e per me soprattutto uno spettacolo di luci e colori. Stesso luogo e stesso tempo, ma percezioni diverse. Questo, tuttavia, non implica necessariamente una separazione, perché sono tantissimi i momenti in cui i nostri sguardi s’incrociano e quello che avviene in quei momenti è uno scambio silenzioso di intenti e di consensi che è come un ricamo che tiene insieme i nostri due mondi, impreziosendone i confini invisibili.
Non posso pensare di fare delle cose insieme a lei senza considerare anche i suoi bisogni, mettendo i miei desideri davanti a tutto. Sarebbe come se invitassi un amico a casa mia a giocare a Call of Duty e poi lo mettessi sul divano a guardarmi giocare. Saremmo stati insieme, in fondo, no? Certo, ma non avremmo condiviso nulla a parte l’ossigeno della stanza. Se penso agli sforzi che Kyra compie per adattarsi al mio mondo e al mio stile di vita, non posso fare a meno di chiedermi se a questi corrisponda un adeguato impegno da parte mia per assicurarle una buona qualità di vita.
Comunque sia, alla fine Kyra mi ha portato fino in cima. Ha anche aspettato da brava che finissi la birra. Non vorrà dire nulla, ma a me piace vederci il rispetto per il mio desiderio di raggiungere il miraggio, una dimostrazione di quella reciprocità che è una delle basi di ogni relazione.
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