Una delle razze aliene più famose del mondo della fantascienza è sicuramente quella degli Yautja, noti anche come Predator. Protagonisti di un franchise di enorme successo che comprende film, fumetti e videogame, esordiscono sul grande schermo nel 1987 con l’omonima pellicola firmata da John McTiernan.
Muscolare, testosteronica al limite del ridicolo sin dalle prime battute e ritenuta, tuttavia, un cult del genere [a ragione], introduce il personaggio del giovane esemplare della specie aliena, inviato sulla Terra per una battuta di caccia all’uomo. Qui troverà prede all’altezza delle sue aspirazioni venatorie nel commando di uomini guidati dall’ex maggiore dei berretti verdi Dutch Schaefer, interpretato da Arnold Schwarzenegger, oltre a una morte onorevole per mano dello stesso Dutch.
Nonostante la copiosa produzione di testi, video e podcast sul franchise e sugli Yautja, mi ha sorpreso che nessuno si sia mai soffermato su uno degli aspetti forse più interessante della cultura di queste creature, ossia la religione. Sono convinto che gli Yautja ne avessero una, perché il loro comportamento dimostra l’esistenza di un apparato valoriale e di una ritualità tipiche delle culture religiose. Per loro, la caccia non è chiaramente più un atto di mera sopravvivenza, ma una pratica cerimoniale, un rito che consente di dare prova del proprio valore. Di un tanto esistono conferme nell’universo espanso di Predator. In due opere derivate, viene spiegato che i giovani Yautja devono completare una caccia per dimostrare il loro valore e diventare membri a pieno titolo della loro società. Si tratta, quindi, di un vero e proprio rito di passaggio.
Arnold Van Gennep, antropologo, che ha studiato a lungo questi riti, nell’identificarne le tre fasi principali – separazione, transizione e incorporazione – ha sottolineato come questi momenti siano spesso accompagnati da cerimonie religiose e s’inseriscano all’interno di credi strutturati. In altri termini, non sempre ma spesso, laddove c’è un rito di questo tipo c’è anche una religione. A questo punto credo valga la pena di sottolineare che religioso non vuol dire necessariamente compassionevole. Esistono, infatti, numerosi esempi di riti di passaggio violenti presso popolazioni amazzoniche, africane o della Nuova Guinea. Gli Yautja non fanno eccezione e i loro rito prevede l’uccisione di una serie di prede “degne”.
Questo comporta anche il concetto di onore, poiché non può essercene nel cacciare prede indifese o che non sono in grado di difendersi, come ci viene mostrato nel primo film, quando l’alieno risparmia la vita ad Anna [Elpidia Carrillo]: egli non lo fa certo per compassione, semplicemente una donna esile e disarmata non rappresenta una preda all’altezza del suo prestigio e così passa oltre. Altre prove dell’esistenza di un codice di onore nella loro cultura lo troviamo in Predator 2, quando gli alieni giunti sulla Terra a recuperare il corpo del compagno ucciso da Harrigan [Danny Glover] regalano a quest’ultimo una pistola antica, come ricompensa del suo valore [e prova della presenza secolare degli alieni sul nostro pianeta].
Giacché parliamo di religione mi sono chiesto, a un certo punto, che aspetto potessero avere le divinità di un ipotetico pantheon yautja. Non avendo trovato nulla né in rete né nelle opere derivate a mia disposizione, ho fatto delle ipotesi tenendo presente il ruolo centrale che la caccia ricopre nella loro cultura. Ho pensato al Grande Cacciatore, un’entità che rappresenta l’apice della perfezione venatoria, il culmine del percorso spirituale di ogni maschio alieno, al tempo stesso una condizione individuale e un’entità alla quale il cacciatore ambisce a ricongiungersi; una sorta di trascendenza, l’aspirazione a superare la propria mortalità, raggiungendo uno stato spirituale superiore d’identificazione con la divinità. Niente più corpo, solo il coraggio che torna alla Sorgente dalla quale ogni guerriero attinge alla nascita e di cui deve dare prova in vita.
M’immagino il Paradiso yautja come un’immensa giungla, un Valhalla tropicale popolato di ogni sorta di prede, nel quale i guerrieri yautja, spogliati di ogni orpello tecnologico, si cimentano in tornei di caccia vecchia maniera con le sole armi bianche, sotto lo sguardo truce del Grande Cacciatore, che dall’alto del suo trono di ossa premia il più valoroso di loro consentendogli di varcare l’Ultima Soglia: il passo definitivo verso la Sorgente.
Avendo pensato a un Paradiso, non ho potuto fare a meno di pensare anche un Inferno e al suo Signore: un Dio della morte, rappresentazione della paura, opposto e antagonista del Grande Cacciatore, fratello di quest’ultimo, macchiatosi nella notte dei tempi di tradimento e codardia, per questo relegato negli Inferi, luogo di sofferenza e disonore. I guerrieri che non superano le prove, una volta morti vengono condotti al suo cospetto e costretti a un’eternità di inattività o, peggio ancora, a diventare a loro volta prede delle anime di coloro che avevano cacciato in vita, sperimentandone la paura. Fa schifo a me, non oso immaginare a un cacciatore galattico con aspirazioni da apex predator.
Spero che le mie ipotesi vi abbiano divertito. Se ne avete di diverse, scrivetemelo nei commenti: potrebbe diventare l’inizio di un nuovo capitolo dell’universo espanso!
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