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Il blog di Oreste Patrone


Cani imperfetti e dove trovarli

L’uso di termini affettuosi come mamma e papà riferiti ai cani di famiglia suscita spesso dibattiti. Alcuni li ritengono ridicoli, un eccesso che umanizza in maniera forzata l’animale, come se il cane fosse in tutto e per tutto un bambino; altri, invece, vedono in questa scelta un modo naturale per esprimere il legame affettuoso che si instaura con l’animale.

Nondimeno, le analogie tra la genitorialità umana e quella animale sono più numerose di quanto si pensi. Pensiamo, ad esempio, al ruolo che il cane svolge nella vita del suo proprietario. Come un genitore che si preoccupa della salute, del benessere e dell’educazione del proprio figlio, anche il proprietario responsabile investe nella crescita, nella cura e nell’educazione del suo cane.

Quante volte, parlando con altri proprietari, ci è capitato di percepire una sottile competizione? L’impressione che l’altro stia cercando di dimostrare che il suo cane è migliore del nostro? Non si tratta di un attacco diretto né di un comportamento intenzionalmente malizioso, ma di una dinamica che rispecchia il desiderio di essere visti come bravi proprietari, che sanno gestire il proprio cane con perizia e sicurezza; dinamica che può tuttavia degenerare in competizione e che si può riscontrare, molto simile, nella genitorialità umana, con analoghi risultati.

Quando mio figlio era piccolo, mi capitava di confrontarmi con altri genitori. Se, in questi confronti, per un motivo o per l’altro, accennavo alle difficoltà che affrontavo o ai miei dubbi, le risposte erano spesso incentrate sul fatto che loro non ne avevano e su quanto i loro figli fossero perfetti. Può darsi che fosse così, ma ho sempre pensato che questa ricerca della perfezione mascherasse una realtà diversa.

Le pressioni sociali, l’ambiente competitivo e la necessità di proiettare sui propri figli o sui propri cani desideri non sempre realistici sono spesso alla base di questi comportamenti. Le conseguenze possono essere dannose, tanto per il cane quanto per il suo proprietario. Se si creano aspettative irrealistiche, si rischia di trovarsi impreparati quando si presentano delle difficoltà. Nascondere o minimizzare i problemi dietro una facciata di perfezione non solo rende difficile parlarne, ma alimenta anche un senso di solitudine e inadeguatezza in chi sta attraversando situazioni simili.

Uno degli aspetti più insidiosi nella relazione coi cani [e coi figli] è la tendenza a proiettare su di loro le nostre aspettative, invece di vederli per ciò che sono realmente. Senza rendercene conto, li trattiamo come un foglio bianco da riempire con i nostri desideri e sogni. Quando guardiamo il nostro cane come una versione ideale di quello che vorremmo che fosse – magari un cane perfetto, che non sbaglia mai, che non ha paura o che è sempre ubbidiente – perdiamo la bellezza di ciò che ci sta davanti, col rischio di non riconoscere le sue vere necessità, le sue vulnerabilità e il suo carattere unico. I proprietari che si sentono sotto pressione per non mostrare le difficoltà che incontrano con il proprio animale rischiano di isolarsi, di non chiedere aiuto quando ne avrebbero bisogno. E, a lungo andare, questo può influire negativamente sul loro rapporto con il cane, creando un ambiente di sfiducia e incomprensione. 

Eppure, la realtà è che tutti siamo sulla stessa barca: la genitorialità, sia quella umana che quella animale, comporta sfide quotidiane che vanno accettate e affrontate senza vergogna. La narrazione di una vita perfetta non fa altro che alimentare il senso di colpa e far sentire inadeguati coloro che stanno vivendo le proprie difficoltà quotidiane. Proprio come accade tra i genitori, anche tra i proprietari di cani ci sono quelli che, invece di condividere le proprie difficoltà, tendono a mettere in scena una rappresentazione di vita ideale. 

In un mondo che sembra inseguire la perfezione di Capitan America, mi sento molto più come Hancock: goffo, imperfetto ma comunque determinato a fare del mio meglio. Osservo ogni giorno cani che vengono idealizzati come se dovessero incarnare la perfezione di Diana Prince: impeccabili, obbedienti e privi di difetti. Ma io ho sempre trovato molto più autentica e divertente un’altra energia, quella di Harley Quinn: caotica, grintosa, imperfetta eppure inarrestabile. E così, mentre il mondo ammira i suoi eroi perfetti, io mi godo la mia anti-eroina: bad girl in un mondo di wannabe Barbie. Ogni tanto tocca fare uscire l’Amanda Waller che c’è in me, ma è il prezzo da pagare per il privilegio di vivere con un cane meraviglioso come Kyra.

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