Il concetto di Prana affonda le sue origini nei Veda e nelle Upanishad, testi sacri della tradizione induista, che lo descrivono come un’energia onnipervadente che sostiene la vita nell’Universo. Il termine, sanscrito, significa “soffio vitale” e si manifesta attraverso il respiro, veicolo principale per la sua assimilazione. Secondo la tradizione, quest’energia scorre lungo una rete di canali sottili, le nadi, influenzando la salute fisica, mentale e spirituale dell’individuo. Il controllo e l’amplificazione di questo flusso si basa sulla disciplina del pranayama.
Il Prana, nondimeno, non è solo legato al respiro: esso è come già detto onnipervadente e permea ogni aspetto della realtà, compreso il cibo che mangiamo. L’ambiente che ci circonda, inoltre, incide profondamente sulla qualità di questo assorbimento e sul nostro equilibrio energetico: luoghi naturali e armoniosi favoriscono un aumento del prana, mentre ambienti stressanti o inquinati ne ostacolano il flusso.
Sebbene sempre meno, questi temi suscitano ancora scetticismo nella comunità scientifica e vengono spesso liquidati come eccentricità. Questa percezione nasce da una visione limitata, da un rifiuto aprioristico di concetti che vengono associati a un ambito più esoterico e meno rigoroso rispetto a quello della ricerca accademica. Tuttavia, il fatto che una pratica venga adottata all’interno di un tempio o in un contesto diverso da quello del laboratorio non significa che non abbia dignità o valore. Non significa nemmeno che non possa rappresentare un’altra porta attraverso cui accedere alla verità. Come scriveva Khalil Gibran, “Dio ha dato molte porte alla verità, per ben accogliere ogni credente che bussi.” Un pensiero simile a quello di Giovanni Paolo II, che parlava di scienza e fede come le due ali con cui l’essere umano si libra alla ricerca della verità [Enc. Fides et Ratio, 1998] – in questo contesto, includerei la spiritualità all’interno del discorso più ampio sulla fede.
Tuttavia, vale anche il discorso opposto: spesso chi si dedica a determinate pratiche spirituali e ha adottato uno stile di vita basato su queste ultime, tende a respingere le spiegazioni e i rimedi della scienza, percependoli come aridi, poco adatti alla propria visione e persino come una minaccia al proprio stile di vita. Ma se consideriamo scienza e spiritualità come due facce della stessa medaglia, ci rendiamo conto che esse si necessitano a vicenda: sono aspetti complementari che, insieme, permettono di raggiungere una comprensione più piena della realtà che ci circonda.
“La realtà è semplicemente un’illusione, sebbene molto persistente” diceva Albert Einstein. Se aveva ragione e tutto ciò che percepiamo è solo una proiezione della nostra mente, allora il confine tra la fisica e la spiritualità diventa molto sottile. È su questo confine che il concetto di Prana incontra quello del dualismo onda-particella, uno dei principi cardine della meccanica quantistica.
Gli esperimenti [Davisson e Germer, Rauch e Zeilinger] hanno dimostrato che le particelle subatomiche possono mostrare proprietà ondulatorie, comportandosi come onde. Così come il Prana si manifesta in forme differenti pur rimanendo un’unica essenza vitale, anche la materia subatomica sfida le categorie convenzionali, oscillando tra stati distinti ma interconnessi.
L’esperimento della doppia fenditura, che ha rivelato la natura duale delle particelle, suggerisce che la coscienza dell’osservatore influisce sulla realtà, una visione inaspettatamente affine al Vedanta, che attribuisce alla coscienza un ruolo centrale nella creazione dell’universo percepito. Questa analogia si estende anche all’idea di Brahman, il principio assoluto che sottende ogni cosa, evocando la teoria dell’universo olografico, secondo cui la realtà tridimensionale sarebbe una proiezione di informazioni codificate su una superficie bidimensionale. Entrambi i modelli suggeriscono un universo unitario, dove la distinzione tra materia ed energia, tra osservatore e osservato, diviene illusoria.
Se il Prana rappresenta il filo invisibile che lega ogni essere vivente, la fisica moderna sembra raccontare la stessa storia con un linguaggio diverso, quello delle equazioni. La stessa storia, non due diverse. Il Prana e la fisica quantistica suggeriscono un mondo dove la coscienza partecipa alla creazione della realtà e dove l’energia si manifesta in forme molteplici, sfidando le divisioni in categorie rigide. Così, antiche intuizioni filosofiche e moderne scoperte scientifiche si intrecciano, offrendo una visione del cosmo in cui l’energia e la consapevolezza coesistono, rivelando una realtà più profonda di quanto la nostra percezione ordinaria ci consenta d’intuire.
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