Nel 2003, Pepsi commissionò ad Abbott Mead Vickers BBDO la realizzazione di uno spot che combinasse celebrità, musica e un’ambientazione storica spettacolare. Nacque così Gladiator. Diretto da Tarsem Singh e girato negli storici studi di Cinecittà a Roma, lo spot incarnava l’essenza rivoluzionaria del marchio Pepsi. Britney Spears, Beyoncé e Pink – tre icone della musica del momento – interpretavano un trio di gladiatrici che si ribellavano al sistema e ai capricci dell’Imperatore [Enrique Iglesias], intonando We Will Rock You dei Queen in un Colosseo stracolmo. Brian May e Roger Taylor, membri storici della band, supervisionarono la reinterpretazione musicale e apparvero nello spot come spettatori entusiasti. Lo spot divenne famoso anche per essere il più costoso realizzato quell’anno secondo Campaignjobs.
Ammetto che il mio giudizio sull’opera, ora come allora, risente della mia venerazione per Britney Spears, che rappresenta l’unica eccezione al mio rifiuto di usare il termine iconico. Anzi, ritengo che sia l’unico uso appropriato e necessario che se ne può fare. Del resto, all’epoca non avevo le conoscenze per analizzare l’opera in questione con occhio critico. Oggi, con uno sguardo più maturo e qualche lettura in più sulle spalle, ne apprezzo l’audacia creativa e l’abilità nel trasmettere i valori del marchio, dettagli che rendono Gladiator una perla. Un po’ cado ancora in estasi, confesso, ma credo che sia per una sorta di riflesso pavloviano.
Uno degli aspetti più interessanti di Gladiator è il suo posizionamento nella guerra infinita tra Pepsi e Coca-Cola. La prima ha sempre puntato su valori rassicuranti e familiari, creando campagne come Hilltop del 1971, con lo slogan “I’d like to buy the world a Coke”, che celebrava la connessione sociale e l’armonia. Pepsi, dal canto suo, ha abbracciato uno spirito ribelle e di sfida. Da sempre, il marchio si presenta ai consumatori come un’alternativa audace, che sfida le convenzioni. “Gladiator” fu l’affermazione definitiva di questo indirizzo: un inno alla ribellione creativa, alla libertà e al coraggio di rompere gli schemi. Uno spot che, a distanza di vent’anni, rimane una delle più spettacolari dichiarazioni di identità del brand newyorkese.
Tuttavia, c’è un tuttavia.
C’è sempre un tuttavia quando parli di un’opera che ha vent’anni.
Se già in What Women Want, che è del 2000, Darcy McGuire [Helen Hunt] inorridiva davanti alla visione maschilista di Nick Marshall [Mel Gibson], che proponeva una donna in costume come protagonista per una campagna pubblicitaria, lo spot BBDO sembra già fuori tempo massimo. Tre donne seminude che combattono in un’arena per intrattenere la folla: una rappresentazione che potrebbe risultare quantomeno datata. L’intenzione dello spot era mostrare tre donne forti, ribelli e protagoniste della scena, ma il modo in cui viene rappresentata questa forza – tra costumi succinti e spettacolarizzazione del corpo – fa riflettere sulla linea sottile tra emancipazione e oggettivazione e su quanto sia [stato] facile superarla.
Il dibattito sulla percezione del corpo femminile in pubblicità è complesso e meriterebbe un’analisi più ampia. Quello che è certo è che ogni opera ha il suo tempo e quello di Gladiator è passato da un pezzo.
Solo il tempo di Britney non passa mai, ma lei non conta.
Lei è leggenda.



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