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Il blog di Oreste Patrone


Il fattore “E”

Di recente, leggendo un articolo sulle fasi biochimiche dell’innamoramento – l’insieme di reazioni neurochimiche e ormonali che si attivano nel cervello umano in condizioni di coinvolgimento affettivo – mi è tornata alla mente una discussione avuta tempo fa con mio suocero sulla funzione dell’empatia come elemento mediatore nei processi logico-cognitivi dell’essere umano.

Se, da un lato, è indubbio che il cervello umano sia in grado di elaborare decisioni razionali, dall’altro è evidente che tali processi sono raramente esenti da influenze emotive. Prendiamo un esempio semplice come l’acquisto di un bene qualsiasi. In un modello razionale, la scelta dipenderebbe esclusivamente dal confronto tra il prezzo del bene e la disponibilità economica dell’individuo. Se la seconda supera il primo, l’acquisto risulta logicamente sostenibile.

Tuttavia, nella pratica, il processo decisionale è spesso mediato da fattori emotivi. Il desiderio intenso, il bisogno percepito o l’ansia di possesso possono spingere l’individuo a ricorrere a un prestito che ridefinisca i suoi limiti economici, ribaltando la disequzione e rendendo l’acquisto possibile. La decisione finale, dunque, si configura come il risultato di una mediazione tra logica ed emozione.

Da questa osservazione nasce una domanda: se volessimo davvero descrivere il comportamento umano in termini rigorosi, come in un modello matematico, potremmo ignorare il ruolo delle emozioni? Probabilmente, no. L’esperienza ci insegna che l’emotività non è un elemento accessorio, bensì una componente strutturale e insostituibile della decisione.

Un esempio emblematico lo troviamo nell’universo narrativo di Star Trek, dove la civiltà vulcaniana, attraverso l’insegnamento del maestro Surak, si propone di abolire ogni manifestazione emotiva a favore di una logica pura. Tuttavia, il personaggio dell’ambasciatore Sarek, padre del celebre Spock, seppure devoto agli ideali della logica, confessa di aver sposato una terrestre non per calcolo politico, ma per amore, mostrando come il sentimento emerga ineludibilmente, influenzando scelte che, altrimenti, si vorrebbero esclusivamente razionali.

Un ulteriore esempio lo ritroviamo in Matrix Reloaded, dove l’Architetto rivela a Neo che la prima versione di Matrix era concepita come un paradiso perfetto, un’utopia pensata per soddisfare ogni bisogno umano. Tuttavia, gli esseri umani rifiutarono quell’illusione: la loro mente, incapace di accettare una perfezione innaturale, reagì con sofferenza e instabilità. Fu allora che gli artefici compresero che l’imperfezione era essenziale. Introdussero così l’emotività, l’incertezza, il conflitto: elementi che rispecchiavano più fedelmente la natura umana. Solo mediando la razionalità con l’emozione, il sistema riuscì a stabilizzarsi.

Le emozioni non sono una perturbazione del pensiero razionale, ma parte inseparabile dalla mente umana. Sono il fattore E della nostra equazione. Nessuna macchina o algoritmo potrà mai replicare appieno i processi decisionali umani senza considerare questa dimensione affettiva. Ignorandone la funzione si riduce l’analisi del pensiero umano a un modello incompleto e, di conseguenza, inadatto a spiegare la complessità.

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