Le pubblicità di Temu sono così brutte da farmi sospettare che non si tratti di un caso, ma di una scelta. È difficile credere che una piattaforma che nel 2024 ha superato i cinquanta miliardi di dollari di fatturato non disponga delle risorse per realizzare spot pubblicitari di qualità. Più che un limite, sembra una strategia: investire il minimo indispensabile in produzioni dai toni caricaturali, che ricordano l’estetica del fumetto giapponese o certi meme.
Scegliere il trash come linguaggio commerciale: non è un’idea così assurda, tutto sommato. L’eccesso reiterato che diventa marchio di fabbrica e rimane impresso. Il risultato è una comunicazione che non punta alla credibilità, ma all’esposizione massima; che non cerca autorevolezza, ma viralità.
Non ho mai acquistato nulla su Temu, ma mi sono sorpreso a raccogliere quegli spot tipo figurine. Perché il trash è così: portato all’estremo, esercita una sorta di ipnosi. Fa ridere, ma in un modo strano: ti intrattiene e al tempo stesso ti fa sentire distante, superiore. Quello che s’istaura è uno strano, subdolo miscuglio di complicità e repulsione.
La mia sensazione è che sia tutto studiato.
PDD Holdings, la società cinese proprietaria di Temu, ha la sede legale a Dublino, in Irlanda – come molte delle 1.800 aziende straniere che hanno scelto quel Paese per il suo regime fiscale agevolato [sul tema, Presa Diretta ha dedicato un’interessante inchiesta]. Difficile pensare che un colosso capace di ottimizzare la propria fiscalità internazionale non sia altrettanto lucido nel concepire la propria comunicazione globale.
Il punto, allora, non è quanto siano brutti quegli spot, ma a chi si rivolgono davvero. Mi chiedo, in altre parole, se la loro bruttezza non sia lo specchio con cui l’azienda ritrae il proprio target: un pubblico considerato poco esigente, suggestionabile, disposto a cliccare più per istinto che per ragionamento. Se così fosse, la vera domanda non sarebbe più perché Temu comunica in quel modo, ma perché così tanti, di fronte a questo linguaggio, continuano a cliccare.
Capisco che il tablet in regalo a 0 euro eserciti una certa attrattiva. Nondimeno, mi chiedo: “Che giova all’uomo guadagnare il mondo intero, se poi perde la propria anima?” – Matteo 16,26
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