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Il blog di Oreste Patrone


Il Gatto e la Volpe 2.0

È bastato che cliccassi una volta, diciamo per una sorta di curiosità editoriale, sulla pubblicità di un giochino che prometteva guadagni facili, perché i miei social si riempissero di video che illustrano sistemi per raggiungere i traguardi economici più disparati. Che si tratti di guadagnare due o trecento euro in più al mese o di raggiungere fatturati milionari, il catalogo dei sogni è ampio e variegato, capace di intercettare le aspirazioni di chiunque. La promessa è sempre la stessa: con soli cinque minuti al giorno [o anche meno], scaricando un’applicazione, un manuale o iscrivendosi a un canale Telegram, la vita può trasformarsi da ordinaria e faticosa in libera e lussuosa. Una narrazione tanto seducente quanto pericolosa, che promette tanto chiedendo poco o nulla in cambio.

Alla mia generazione, nondimeno, hanno lasciato in eredità due anticorpi culturali contro questa retorica: Collodi e il Vangelo di Matteo. Il primo ci ha insegnato che dietro un albero degli zecchini possono celarsi il Gatto e la Volpe, mentre il secondo, con la parabola dei talenti [25,14-30], che non esiste profitto senza investimento.

Non so — e a dire il vero non mi interessa neanche sapere — quanto ci sia di autentico in queste dichiarazioni. Quello che mi preoccupa non è la veridicità delle cifre, ma l’idea che trasmettono, ossia la convinzione che il successo possa essere costruito senza fatica. Nulla res magna sine labor venit, dicevano i latini. Oggi, questa verità viene ribaltata a favore di sistemi che, pur dichiarandosi legali, veicolano un messaggio secondo me diseducativo, quello del successo come scorciatoia, come astuzia, come escamotage che esclude impegno, costanza e sacrificio. Ma il successo autentico — e con successo non intendo necessariamente i soldi — non è mai separabile dalla qualità del lavoro, dalla serietà e dall’investimento di sé stessi.

Invece m’imbatto in ragazzi poco più che ventenni che raccontano di aver provato per anni ogni trucco e stratagemma fino a trovare l’algoritmo definitivo capace di piegare le criptovalute o di aver scoperto sistemi improbabili che genererebbero rendite passive stratosferiche. Benedetto ragazzo, avrai sì e no vent’anni, quando le avresti iniziate queste sperimentazioni finanziarie, alle medie? Magari sì — dicono che il divario tra il livello di alfabetizzazione digitale di quelli della mia generazione e costoro sia abissale per cui magari sono stati molto precoci  — tuttavia mi riesce difficile crederlo. Per non parlare dei casi più inquietanti, in cui l’intelligenza artificiale viene usata per creare video con volti di personaggi noti del mondo imprenditoriale intenti a pubblicizzare il sistema miracoloso di turno.

Ma c’è un punto, che sembra sfuggire a chi si lascia affascinare da queste narrazioni, ossia che il denaro non nasce dal nulla. Le migliaia di euro che qualcuno sostiene di guadagnare con una gallina che attraversa la strada, da qualche parte devono arrivare. E allora la domanda è semplice: chi è disposto a pagare tanti soldi per questo? Pensare che esista una fontana di denaro pronta a sgorgare a nostro favore è non solo ingenuo, ma pericoloso. In economia non c’è spazio per la beneficenza. Persino un casinò, che pure distribuisce vincite milionarie [raramente], raccoglie somme ben più ingenti dai giocatori. 

Ecco perché considero questa retorica insidiosa, perché alimenta illusioni, mina il valore dell’impegno e suggerisce scorciatoie che non portano da nessuna parte. Dietro la promessa di guadagni facili si nasconde una cultura che non premia la competenza e la dedizione, ma esalta la furbizia e la ricerca spasmodica dell’escamotage. Ma l’escamotage non esiste. Ciò che davvero rende pericolosa questa mentalità è il disamoramento per il lavoro e l’impegno, che finisce per disabituarci alla fatica e renderci vulnerabili alle lusinghe delle Gatto e Volpe, che si saranno anche reinventati ma restano degli imbroglioni da strapazzo. 

Che poi mi chiedo perché mai una persona che abbia davvero scoperto un modo per fare soldi facili dovrebbe volerlo condividere con gli altri e per di più gratuitamente. Io, se scoprissi una vena aurifera in cantina, posso assicurarvi che non ve la rivelerei neanche morto. Pure perché è dalle elementari che so che più siamo a mangiare la torta e più le fette saranno piccole. Al di là di questo, ciò che sfugge a chi si lascia incantare da quei video è che anche il loro continuo apparire sui social e la promozione senza sosta del loro metodo è un lavoro. Siamo noi a pensare che non facciano niente tutto il giorno e che presto, seguendo il loro programma miracoloso e gratuito, anche noi potremmo non essere così. Costoro, invece, trascorrono spesso ore e ore a creare contenuti, a simulare guadagni e ad alimentare la narrazione della scorciatoia perfetta. Un lavoro che si basa spesso su tecniche avanzate di programmazione neurolinguistica. La scorciatoia è reale solo per chi la costruisce, non per chi la compra.
Come non detto, scusate. È gratis.
Non dicono così?

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