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Il blog di Oreste Patrone


L’antiparadigma Addams

Il 6 agosto 1938, The New Yorker pubblicò una vignetta – prima di una lunga serie – avente per protagonista gli Addams, un’eccentrica e macabra famiglia americana. Le vignette, opera di Charles Addams, non contenevano dialoghi ma una battuta unica e i personaggi erano anonimi; fu solo nel 1964, con la serie televisiva, che gli furono dati dei nomi. Il produttore della serie era David Levy, che ebbe l’idea durante una passeggiata con un amico; mentre passavano davanti a una libreria, Levy notò in vetrina la copertina di “Homebodies” – una raccolta delle migliori vignette di Addams – e pensò che fosse un soggetto perfetto.

La serie debuttò sugli schermi statunitensi il 18 settembre 1964, preannunciata dalla sigla di Vic Mizzy, e fu un successo. In Italia, il primo episodio andò in onda il 17 aprile 1966.

Sebbene sia ricordata principalmente come prodotto umoristico, la famiglia Addams è in realtà un’opera di satira sociale. Invertendo gli stereotipi della classica famiglia americana alto borghese, Charles Addams ne realizzò infatti una parodia che oltre a divertire fa riflettere. La famiglia Addams rappresenta, infatti, l’accettazione della diversità e la celebrazione della non conformità. In una società che premia con l’inclusione coloro che si conformano alla massa e che scoraggia la diversità, relegandola nella marginalità, la famiglia Addams è un promemoria del fatto che essere diversi non solo è accettabile ma è anche qualcosa di cui essere fieri e un monito a non sacrificare la propria individualità in cambio dell’accettazione sociale. La famiglia Addams accoglie ogni membro per quello che è, senza giudicarlo o tentare di cambiarlo. Questa caratteristica si mantiene anche nelle opere derivate.

Nella Famiglia Addams 2, di Barry Sonnenfeld, il terzogenito di Gomez e Morticia cambia improvvisamente aspetto a causa dell’influenza della nuova tata Debbie e diventa un neonato biondo e ricciolino. Sebbene ne siano inizialmente turbati, rassicurati sul fatto che Pubert non sta male, che è solo cambiato, ne prendono atto e si adeguano loro malgrado alla situazione. Morticia arriva a leggere al figlio favole normali pur di vederlo felice, rinunciando alle storie macabre che leggevano prima, che avrebbero divertito lei ma non il nuovo Pubert. Morticia dimostra di sapere che i genitori, a volte, devono mettere da parte i propri desideri per dare la possibilità ai figli di maturarne di propri, in autonomia.

La famiglia Addams anticipa temi e discussioni diventati di attualità decenni dopo la sua prima apparizione, come quelli dell’integrazione e dell’inclusione sociale, dimostrando che non significano solo tolleranza ma anche apprezzamento delle differenze, facendosi portatrice di un importante messaggio: l’importanza di creare una società in cui tutti, indipendentemente dalle loro differenze, possano sentirsi accettati e valorizzati. 

Non potrei chiudere questa riflessione senza citare una delle scene più famose della filmografia ispirata alle vicende della famiglia, presente ne La Famiglia Addams 2, quella del Campo Chippewa. Mercoledì e Pugsley vengono segregati in questo esoso campo estivo su consiglio della tata Debbie, rivelatasi nel frattempo un’astuta e spietata truffatrice e sulla quale Mercoledì inizia a nutrire dei sospetti. I due bambini sono etichettati dal primo momento come diversi e strani, emarginati e presi in giro dagli educatori e dal resto del gruppo capeggiato dall’odiosa Amanda Buckman, la reginetta del campo, incarnazione di tutti gli stereotipi WASP sulla bambina bella, brava ed educata. I fratelli Addams si oppongono con fierezza a tutti i tentativi degli educatori Gary e Becky Martin di coinvolgerli nelle noiose attività del campo, inorridiscono di fronte alle canzoni e agli abbracci di gruppo; Mercoledì osa persino recensire in modo critico il testo della recita scritto da Gary, una banale rivisitazione della storia del Giorno del Ringraziamento, ritenendolo banale e privo delle più elementari basi drammaturgiche. Per spezzarne le resistenze e piegarne le volontà, Gary e Becky Martin decidono di chiuderli in una casetta nel bosco “La Capanna dell’Armonia”, un ambiente simile a una casa delle bambole, dove vengono costretti a guardare per tutta la notte lungometraggi Disney. La tortura sembra funzionare e l’indomani, Mercoledì arriva persino a sorridere mostrando un contrasto raccapricciante tra la mimica forzata del volto e lo sguardo spiritato di un folle [l’interpretazione del ruolo di Mercoledì Addams valse a Christina Ricci un Fangoria Chainsaw Awards].

Il giorno della recita, di fronte al pubblico di genitori, la rappresentazione viene interrotta dal ritorno in grande stile di Mercoledì nel ruolo di Pochaontas, che aveva solo finto di essersi piegata. Di fronte all’invito di Amanda di sedere alla tavola dei Padri Pellegrini, Mercoledì riemerge dal limbo zuccheroso e conformista di Gery e si rifiuta pronunciando il suo celebre monologo. La vendetta di Mercoledì, perpetrata attingendo al retaggio nativo americano di cui le sono stati imposti i panni, è il simbolo del riscatto di tutti gli emarginati, gli esclusi e i diversi che si rifiutano di sacrificare la loro dignità per elemosinare gli avanzi del banchetto dei cosiddetti normali, scoprendo nella loro diversità un valore prezioso e nei margini in cui sono stati relegati, un luogo in cui esercitare liberamente il diritto di essere quello che sono.

“Non siederemo alla vostra tavola.
Avete preso la terra che spettava a noi di diritto. Tra non molto il mio popolo sarà costretto a vivere in roulotte, chiuso nelle riserve. Voi indosserete maglioni di cachemiree berrete cocktail, noi venderemo i nostri braccialetti sulla strada. Voi giocherete a golf e asseggerete stuzzichini caldi, la mia gente patirà la fame, il dolore e il degrado. Voi andrete a spasso con le auto sportive. Gli Dei della tribù hanno parlato: hanno detto non fidatevi dei Padri pellegrini; e in particolare, di Sarah Miller.

Per tutte queste ragioni, ho deciso di prendere il tuo scalpo e di mettere a ferro e fuoco il tuo villaggio.”

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Una replica a “L’antiparadigma Addams”

  1. […] storia editoriale della Famiglia Addams ho parlato nel mio articolo del 10 gennaio; ma altrettanto interessante è la storia della famiglia in […]

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