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Il blog di Oreste Patrone


L’etica delle ombre

Tra i personaggi memorabili della saga cinematografica del Padrino, uno dei miei preferiti è Hyman Roth, interpretato da Lee Strasberg in Il Padrino – Parte II. Roth incarna una figura ambigua e affascinante: capo tra i più influenti del sindacato ebraico, uomo ricchissimo e potentissimo che sceglie di vivere in una modesta villetta alla periferia di Miami. Una scelta che contrasta radicalmente con il lusso e lo sfarzo degli hotel cubani gestiti dal sindacato, e che restituisce l’immagine di un potere discreto, quasi invisibile.

Roth evita ogni ostentazione, aderendo a un’etica personale secondo cui attirare l’attenzione con uno stile di vita esagerato significa rischiare di compromettere gli affari del sindacato. Gli affari, infatti, vengono prima di tutto, come chiarisce a Michael Corleone affrontando la questione di Moe Green. Pur non volendo sapere chi sia stato a ordinare l’omicidio di Green, si intuisce che, fissando Michael negli occhi, Roth sappia bene chi ne è responsabile. Tuttavia, per lui, quel dettaglio è irrilevante: la priorità è preservare gli affari.

Questa visione del potere, spogliata di ogni attributo esteriore, riemerge in un altro personaggio che considero straordinario: Samurai, figura centrale nella serie Suburra [interpretato da Francesco Acquaroli] e nel film omonimo [interpretato da Claudio Amendola]. Samurai si distingue per il suo stile di vita dimesso, lontano dallo sfarzo e dall’esibizionismo dei giovani come Spadino e Aureliano o delle grandi famiglie criminali romane. Si muove in scooter, evitando l’apparenza vistosa, e gestisce i suoi traffici dalla periferia romana, evocando le figure affascinanti e ambigue del cosiddetto Mondo di Mezzo.

Il fascino di Samurai risiede nella sua capacità di rappresentare il potere nella sua essenza più pura. Egli trascende ogni forma fisica e ogni esteriorità per diventare pura azione: regola i rapporti tra famiglie criminali, mafia e politica, incarnando un potere occulto, privo di orpelli e di ostentazione.

Questa visione del potere mi spinge a riflettere sul desiderio di tanti di farse esibizione. Da sempre, molti associano il potere ai suoi simboli esteriori, confondendo l’influenza reale con la messa in scena della forza. Tuttavia, il vero potere, come ci insegnano Roth e Samurai, non si mostra: esso opera dietro le quinte, in modo implacabile ma silenzioso.

Come nella mitologia induista il contatto con il mondo può portare all’insorgere di una dipendenza da esso, allo stesso modo l’attrazione per i segni esteriori del potere rischia di svuotare chi lo esercita, trasformandolo nell’ombra di se stesso. È il destino dei Nazgûl, gli Spettri dell’Anello descritti da J.R.R. Tolkien ne Il Signore degli Anelli. Il potere, se non temperato da un’etica, consuma chi lo detiene, diventando una schiavitù che annienta l’identità personale.

Questa contrapposizione tra il potere autentico e quello illusorio evidenzia una tensione fondamentale: tra chi esercita il potere per sé e chi lo fa in funzione di qualcosa che va oltre il proprio ego. Roth e Samurai, pur operando in contesti criminali, sembrano mossi da una logica che supera ogni vanità personale. Non si tratta di giustificarne le azioni, ma di riconoscere in esse una coerenza: il potere, per funzionare davvero, ha bisogno di contenersi, di agire con discrezione, di non lasciarsi corrompere dall’ossessione per l’apparenza.

Forse è proprio in questa forma di autocontrollo – anche in contesti moralmente discutibili – che si può intravedere un’idea più profonda e, paradossalmente, più etica del potere: quella che lo vincola non alla gloria personale, ma a un ordine, a una visione, a un equilibrio da preservare.

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2 risposte a “L’etica delle ombre”

  1. Avatar optimistic067d023c14
    optimistic067d023c14

    Nella sua analisi del potere, M. Foucault parlava di microfisica del potere. Oggi il potere è distribuito ovunque, frammentato, c’è potere dove ci sono saperi che possono essere esercitati. A scuola, nelle relazioni uomo /donna, tra medico e paziente. Ovunque vi sia la presenza di un sapere tecnico e asimmetrico. Foucault smitizza il concetto di potere come qualcosa che si dà in modo eclatante, nelle forme della forza e della sua ostentazione. Il potere che distrugge , il potere che sovrasta è un’idea di potere molto Ancien Regime. Nelle società post moderne, invece, il potere si dà come discreto disciplinamento della vita e benevolo controllo dei corpi, soprattutto da parte di quelle discipline che nascono con l’intento di migliorare la vita: medicina, psicologia, economia, pedagogia.

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    1. Ciò nondimeno, quell’immagine Ancien Regime condiziona non solo l’immaginario collettivo ma anche alcuni settori della vita pubblica. Forse siamo in una fase di transizione verso la post modernità o, forse, stiamo tornando indietro.

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