Durante le nostre passeggiate serali, io e Kyra passiamo spesso accanto all’area cani del nostro quartiere. Lì incontriamo quasi sempre un signore sulla sessantina con il suo cane, un pastore belga Malinois schizzato come un missile, ma simpatico. La scena è sempre la stessa: il cane che percorre ossessivamente la recinzione, girando e rigirando su se stesso, lui seduto sulla panchina, sigaretta accesa e occhi sul telefono.
Col tempo, forse perché Kyra mostrava un po’ di simpatia per il cane, l’uomo ha preso a salutarci e, passaggio dopo passaggio, abbiamo iniziato anche a scambiate qualche parola. L’altro ieri mi ha detto che lui sa che il suo cane avrebbe bisogno di fare più attività, “soprattutto mentale” – parole sue. “Io ho studiato la razza” mi ha spiegato “Questo è un cane da pastore, come il Gorder Bollie, deve lavorare. Tu lo conosci il Gorder Bollie?”
Mentre mi chiedevo se avrei dovuto correggerlo o meno, ha aggiunto che lui non ha tempo. Lo ha desiderato tanto quel cane, ma il tempo non gli permette più di due brevi uscite al giorno, una delle quali nell’area cani. “O si vive o ci si occupa del cane” mi fa, come se le due cose fossero incompatibili e una delle due gli fosse stata prescritta da qualcuno.
In questi casi, di solito sto zitto, anche se mi si affaccia alla mente il pensiero che se non hai il tempo per soddisfare i bisogni di un cane – di qualunque cane, figurarsi di uno così – forse non dovresti prenderlo. È egoista prendere un animale solo perché ti piace l’idea, senza potergli garantire un’adeguata qualità della vita. Un attimo dopo, però, è arrivato il colpo di grazia. Mi ha spiegato che ora sta cercando una femmina, perché vorrebbe fargli fare una cucciolata. Gli ho fatto notare che è un grosso impegno, soprattutto per chi ha poco tempo, ma lui mi ha interrotto chiarendo che non aveva intenzione di seguirla lui: “Io voglio solo fargli fare la monta, tenere per me un cucciolo e gli altri poi si arrangiano loro”.
Mi è scappato: “Scusa, ma se non hai tempo per un cane, come pensi di fare con due?” Lui ha allargato le braccia: “Eh, lo so, ma mi piacciono troppo.”
In quel momento, ho capito che senza rendercene conto avevamo cambiato discorso, che non stavamo più parlando di cani, ma di come una persona intende il proprio stare al mondo e di quanta consapevolezza ne abbia. Perché il problema dell’egoismo è che non è lucido. Essere egoisti è come guardare il mondo attraverso una lente deformante che trasforma i nostri capricci in desideri legittimi, necessari, spesso persino inevitabili. E tocca agli altri – in questo casi ai cani – adattarsi.
E questo discorso non riguarda solo i cani, anche se tutto è iniziato con il signore del Malinois. Se restiamo nella metafora e prendiamo l’area cani – e ribadisco che non ho nulla contro le aree cani – come simbolo di ciò che siamo disposti a dare agli altri, dobbiamo ammettere che troppo spesso prendiamo dal mondo più di quanto restituiamo. Così diventiamo proprietari, non compagni di vita. La proprietà è un titolo giuridico, un diritto che si forma con un contratto, la convivenza invece è un impegno quotidiano di ascolto e rispetto, un patto silenzioso che ci chiede di mettere i bisogni dell’altro al pari dei nostri e di accettare i cambiamenti che questo comporta.
Accogliere in casa un nuovo essere vivente, con bisogni diversi dai nostri, significa inevitabilmente adattarsi, a meno di non volerne sacrificare il benessere in nome di un appagamento astratto e unilaterale. E dico astratto perché fissare il telefono mentre il cane vaga da solo in un recinto non è neppure una forma elementare di stare insieme. Persino un’auto, se non la guidi, perde significato; un cane, almeno in teoria, dovrebbe correre, giocare, esprimere le proprie attitudini e tu dovresti godere nel partecipare a questa espressione. Non sto dicendo che la sua presenza debba cancellare il resto del mondo, confinare te e lei in una bolla che escluda tutto il resto, ma anche se fosse sarebbe sempre meglio di accogliere qualcuno solo per essere soli in due.
Ma mi rendo conto che non si può pretendere che tutti lo capiscano. Per fortuna, i cani sono molto pazienti. E in fondo, nell’area dove oggi ne corre uno, domani potranno sempre correre due Malinois. Se non altro, si faranno compagnia.
MinimiTermini



Lascia un commento