Credo che la vita possieda una specie di cruscotto, con una serie di spie che si accendono per segnalarti quando qualcosa non va come dovrebbe e una seconda serie, assente sulle auto, che invece si accende solo quando sei sulla strada giusta.
Per anni ho visto illuminarsi quasi esclusivamente la prima. Si trattava, per lo più, di sintomi fisici e psicologici come emicranie, mal di stomaco, dolori muscolari, ansia. Era come se il corpo reagisse alle mie scelte sbagliate.
Da qualche tempo a questa parte, qualcosa è cambiato.
Nelle mie giornate si accendono spesso altre spie, segnali che sembrano dirmi, senza enfasi, di continuare così. Non so se sia davvero l’Universo a parlarmi o se semplicemente io abbia imparato a guardare meglio ciò che mi circonda, ma la sostanza non cambia.
Proprio l’altra sera ne ho avuto un esempio
Rientravo con Kyra dalla nostra passeggiata serale, quando ho notato una figura nell’area cani del quartiere, una donna con una pila in mano, in compagnia di un grande Boxer bianco. La luce mi ha messo curiosità e mi sono avvicinato. Le ho chiesto se avesse perso qualcosa, se avesse bisogno di aiuto e lei mi ha spiegato che la pila le serviva per evitare di mettere un piede in qualche buca e rischiare di farsi male: “Sa, ho ottantadue anni.”
Da lì, senza che gliel’avessi chiesto, ha iniziato a raccontarmi la sua storia.
Slovena, un matrimonio durato dieci anni con un marito che l’ha cacciata di casa perché non riuscivano ad avere figli. Rimasta sola, ricostruisce la propria vita da zero. Conosce un uomo italiano, si innamorano, mettono al mondo tre figli — uno dei quali morto in tenera età — e insieme decidono che la loro famiglia doveva includere anche chi famiglia non ne aveva più. Comprano una casa più grande e per anni ospitano ragazzi adulti con vite difficili: “Non avevamo soldi, vivevamo tutti insieme con poco, ma eravamo una famiglia.”
I ragazzi sono cresciuti e sono andati per la loro strada. Suo marito è morto. Nella grande casa sono rimasti lei e il suo cane, un gigante buono che per tutto il tempo che abbiamo parlato ha cercato di infilarsi sotto la rete per raggiungerci. “Una volta ci è riuscito, mi è scappato. Per fortuna mi ha aiutato una ragazza a riprenderlo.”
Quello che mi ha colpito è che non c’era traccia di tristezza, nella sua voce. L’ho ascoltata, stupito dalla naturalezza con cui la vita ti mette davanti le persone che non stavi cercando, ma di cui avevi bisogno. Alla fine, l’ho ringraziata. Non per cortesia, ma perché ero sinceramente felice di averla incontrata.
Ci sono momenti in cui la trama degli eventi affiora in superficie. Se non sei distratto, puoi intravederla e capire un sacco di cose. Parlando con quella donna, ho capito che non sto cercando più di tanto dove andare, sto imparando a prestare attenzione ai segnali che mi dicono se mi trovo nel posto giusto per me in determinato momento.
Ci sono eventi che non puoi evitare, cambiamenti che la vita ti impone e ai quali devi adattarti se vuoi sopravvivere, ma arrivano anche i momenti nei quali puoi scegliere. È allora che devi tenere d’occhio il cruscotto e stare attento a dove metti i piedi. In quei momenti, un po’ di luce può fare comodo, perché inciampare è un rischio che ci riguarda tutti.
A me l’ha ricordato una sconosciuta, incontrata per caso all’area cani del quartiere — sempre che il caso esista davvero e non sia, come diceva Einstein, il modo di Dio di restare anonimo. Io ancora mi chiedo se quella sera lei stesse illuminando il suo cammino o il mio.
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